Finanziaria e altro: tormenti d'inizio legislatura
di Dario Sacchi - 18 dicembre 2006
FINANZIARIA E ALTRO: TORMENTI DI INIZIO LEGISLATURA
Il fatidico appuntamento autunnale notoriamente costituito dalla presentazione della Finanziaria da parte del governo è stato salutato quest’anno da una levata di scudi forse senza precedenti, inscenata da quasi tutte le forze sociali e tale da mettere impietosamente in luce le contraddizioni che dilaniano la composita maggioranza sulla quale si regge l’esecutivo in carica. Inizialmente presi di mira dalla proposta di dimezzare il valore dei nostri scatti d’anzianità, noi docenti universitari abbiamo avuto un’ottima ragione per unire la nostra protesta a quella delle altre categorie e, se non altro, ci siamo giovati dell’“effetto trascinamento” indotto da un tale clima di opposizione generalizzata, del quale era impensabile che il governo potesse non tenere alcun conto. Ma ora che siamo fortunosamente riusciti a schivare questa ennesima “botta” che i politici ci avevano preparato, dobbiamo comunque trarre spunto da quanto è accaduto per avviare alcune congrue riflessioni, tanto più necessarie e attuali in un momento come questo in cui, a legislatura appena iniziata, è forse ancora possibile impostare qualche elemento di strategia sindacale che vada al di là della pur doverosa risposta a singoli provvedimenti governativi.
Vediamo. Conviene in primo luogo osservare che il suddetto intervento sugli scatti d’anzianità riguardava propriamente le categorie che compongono l’alta dirigenza statale (magistrati, prefetti, alti gradi delle forze armate ecc.), il che vuol dire che nella fattispecie il governo aveva considerato anche i professori universitari come una di queste categorie. A ragione, certo: perché a norma di legge – una legge mai abrogata! – le cose stanno proprio così; e sull’intervento come tale qualcuno avrebbe anche potuto rilevare che, sebbene un provvedimento lesivo di diritti acquisiti sia sempre in se stesso ingiusto e pericoloso e l’opposizione di chi ne viene colpito sia in linea di principio sempre fondata, tuttavia nel caso presente la portata dell’ingiustizia appariva mitigata, per lo meno sotto il profilo strettamente economico, dai notevoli incrementi retributivi con i quali la medesima alta dirigenza era stata più volte generosamente premiata negli anni passati in virtù di provvedimenti legislativi ad hoc.
In effetti per le categorie che abbiamo sopra ricordato un rilievo del genere poteva non essere privo di qualche fondamento. Ma sappiamo bene che per i docenti universitari, in realtà, le cose non sono per nulla andate in questo modo! Di fatto, a dispetto di quella legge mai abrogata, essi non sono stati più trattati come membri dell’alta dirigenza statale a partire dal 1990, ossia da quando sono stati sistematicamente esclusi da tutti gli adeguamenti retributivi di cui le altre categorie invece hanno continuato ininterrottamente a fruire. Le paghe degli accademici italiani (di tanto in tanto rimpolpate soltanto da ridicoli aumenti “carsici”) sono in tal modo scivolate a livelli semplicemente indecorosi a fronte di quelle corrisposte non solo ai loro colleghi europei ma addirittura agli insegnanti, parimenti europei, di scuola media:
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