Il SAUR in Senato per il valore legale delle lauree e per il regolamento delle nuove abilitazioni
di - 14 luglio 2011
Recentemente il SAUR è stato convocato dalla Commissione Istruzione e Cultura del Senato per due audizioni sui temi seguenti: l’8 giugno sulla questione dell’abolizione del valore legale dei titoli di studio, nel quadro di una serie di sondaggi esplorativi promossi dalla maggioranza e dal governo in vista dell’eventuale preparazione di un disegno di legge; il 28 giugno intorno allo schema di DPR 372 contenente il regolamento applicativo per le abilitazioni nazionali alla docenza previste dalla legge di riforma dell’Università (si trattava evidentemente dei giudizi di idoneità a professore ordinario e associato che, qualora il relativo regolamento fosse approvato entro luglio con le correzioni auspicabilmente apportate da un Parlamento che sta lavorando su di esso in queste settimane, verrebbero banditi nel prossimo autunno). Il testo legislativo di riferimento ricalca ovviamente quello che avevamo già pubblicato nel gennaio scorso, con alcune varianti opportunamente recepite dal governo fra quelle indicate dal Consiglio di Stato, la più rilevante delle quali è l’eliminazione (art. 3 c. 4) del divieto assoluto di presentarsi a qualunque giudizio di idoneità indetto nel biennio susseguente a un eventuale insuccesso, sostituito con un più ragionevole divieto di presentarsi solamente ai giudizi attinenti al settore concorsuale per il quale non è stata conseguita l’idoneità. Riportiamo di seguito i documenti consegnati dal SAUR ai senatori della VII Commissione.
ELENCO QUESITI PER AUDIZIONE SU INDAGINE CONOSCITIVA VALORE LEGALE LAUREA D. A parere della Vostra Organizzazione, nei concorsi pubblici, il riconoscimento del valore legale della laurea risulta effettivamente lo strumento più efficace per selezionare i soggetti più preparati? Più in generale, ha senso mantenere il valore legale della laurea nel mercato del lavoro? Quali altri valori legali della laurea la Vostra Organizzazione riscontra nel nostro ordinamento? R. A parere del SAUR, Sindacato Autonomo Università e Ricerca, aderente alla Confedir, il valore legale della laurea è ancor oggi uno degli strumenti principali di valutazione dei soggetti più preparati, sia nel pubblico sia nel privato. Nel "valore legale" si comprende sia il titolo e il punteggio, che rappresentano la valutazione sintetica di tutto un curriculum, sia le valutazioni connesse: percorso formativo, indirizzo o curriculum, votazione in singole discipline, esami supplementari, ecc. Per capire se ha senso mantenere questo valore o no, occorrerebbe avere dinanzi una concreta e dettagliata proposta alternativa e anche un chiarimento di che cosa significhi "togliere il valore legale": vuol forse dire che si potrebbe fare per es. il medico senza la laurea in medicina, o l'avvocato senza la laurea in legge? Oltre che per la selezione il valore legale del corso di studi oggi serve per il riscatto degli anni di laurea a fini previdenziali e del trattamento di quiescenza. Inoltre per entrare in numerosi ordini o albi professionali è previsto il possesso della laurea specifica. D. A parere della Vostra Organizzazione, quali implicazioni potrebbero esserci nel mondo del lavoro con l'abolizione del valore legale della laurea? R. Bisogna capire, come si è detto sopra, che cosa questo significherebbe; in assenza di un disegno preciso, si possono fare delle ipotesi. Togliendo l'obbligo della laurea (come obbligare ad avere un titolo senza valore?!) come requisito per l'accesso alle professioni, occorrerebbe prevedere una diversa selezione; ovvero togliere alle università e conferire a una diversa istituzione il controllo della capacità, della competenza, della formazione deontologica. Con quali strumenti? Se invece si volesse togliere il valore del punteggio, ma non l'obbligo del titolo, occorrerebbe comunque delegare a qualche altro ente o istituzione la valutazione. Se da ciò derivassero valutazioni diverse dei titoli a seconda dell'Università emittente, avremmo non un'abolizione del valore legale, ma un'esaltazione del valore dei titoli rilasciati da certe università, facoltà, scuole, e una svalutazione degli altri. Chi deciderebbe chi premiare e chi retrocedere? Con quali criteri? Dalla risposta a queste domande dipende il nostro giudizio. L'esperienza americana richiamata nel dibattito sinora dimostra che si finiscono col premiare le università per ricchi, dove si entra potendo pagare un retta elevata, dove i professori possono fare meglio ricerca disponendo di più fondi e mezzi, dove non succede che le cattedre rimangono vacanti per mancanza di soldi oppure vengono coperte con personale che si accontenta.Un'ipotesi del genere ci pare iniqua e tendenzialmente antidemocratica. Se si trattasse di creare dei centri di eccellenza dove fare studiare gli studenti più capaci e meritevoli, scelti da tutta Italia e anche dall'estero, dando loro il meglio per preparare la classe dirigente, gli intellettuali e gli scienziati di domani, saremmo d'accordo, pur domandandoci: ma avranno bisogno questi geni, allevati in questo modo, di un banale aiuto concorsuale? E poi, dato che i geni non possono che essere pochi, per tutti gli altri come si fa la valutazione? Si ripropongono i problemi di prima. Tanto varrebbe stabilire che i geni prendono un supertitolo con un supervalore, e agli altri lasciare il valore legale. D.Qual è la posizione della Vostra Organizzazione rispetto ad una possibile abolizione del valore legale della laurea e all'introduzione nel nostro sistema di organismi di "accreditamento" dei corsi di studio universitari che, come quelli anglosassoni, sarebbero costituiti da esperti del settore, capaci di valutarne la qualità e l'efficienza? Secondo la Vostra Organizzazione, tale sistema potrebbe garantire una preparazione più rispondente agli standard del mercato? R. Per la prima domanda: occorre esaminare una proposta concreta per capire chi sarebbero questi esperti, come valuterebbero, con quali garanzie di serietà e indipendenza. Nei paesi anglosassoni si sa che persino il mitico impact factor è un meccanismo controllato da certi gruppi editoriali e imprenditoriali. Attualmente la valutazione viene fatte dalle università, ovvero dai professori: non sono già essi degli "esperti di settore"? Secondo il SAUR per una preparazione più valida occorre investire di più e meglio nelle università, contenendone il numero, migliorando le retribuzioni di docenti e ricercatori, investendo in ricerca, incentivando il conferimento di risorse da parte di privati. E' inqualificabile che l'iniziativa politica degli ultimi decenni abbia depauperato di risorse la didattica e la ricerca (notoriamente foraggiata con risorse da terzo mondo), abbia quindi ridotto la qualità delle università e che ora si arrivi a proporre di togliere il valore delle lauree per il fatto che non sono adeguate. Ma, togliendo il valore legale, diventerebbero adeguate? E come? D.Che ruolo vorrebbero e potrebbero assumere i sindacati in un sistema di accreditamento come quello sopra descritto? R. Ovviamente se il Parlamento deciderà in tal senso, il Saur si adatterà e cercherà di collaborare affinché il nuovo sistema funzioni per il meglio nell'interesse pubblico. Potrà contribuire nell'individuare persone e criteri utili, come già in passato quando ha avuto propri esponenti negli organi ministeriali di controllo. D.A parere della Vostra Organizzazione, ci sono altri strumenti, oltre all'abolizione del valore legale della laurea, che consentirebbero di rendere l'offerta formativa universitaria più aderente alle esigenze di mercato? R. Esistono diversi provvedimenti utili e attuabili: 1. Ripristinare la selezione degli studenti collocando nel primo o nel secondo anno di corso le discipline più impegnative così da scoraggiare i velleitari o i non dotati; ovviamente per questo occorre smettere di valutare positivamente il fatto che il numero più alto possibile di immatricolati raggiunga la laurea. 2. Abrogare il meccanismo del 3+2 che tutti sanno non funzionante e dannoso, a tal punto che si ritiene inutile spiegarlo qui (ma il Saur è disponibile a spiegarlo e a formulare una concreta proposta di rilancio del ciclo unico per le lauree, con la possibilità di mantenere un ciclo breve per alcuni percorsi formativi). 3. Graduale riduzione del numero delle università sulla base delle esigenze effettive con l'uso dei conseguenti risparmi per rifinanziare sia le carriere sia i fondi di ricerca. 4. Introduzione di forme di integrazione università-mondo del lavoro nell'ultima fase dei corsi di studio. 5. Formazione permanente per aggiornamento o per riqualificazione dei laureati. 6. Controllo della preparazione effettiva dei diplomati che accedono all'università agendo sulla qualità della scuola secondaria e delle prove conclusive. PROMEMORIA DEL SAUR SULLO SCHEMA DI DPR 372. 1. Come è stato già osservato dal CUN e forse da altri, non è affatto chiaro chi e come vaglierà quali sono gli ordinari "degni" di entrare in commissione. Al riguardo occorre stabilire criteri cristallini oppure finiremo col sottoporre degli ordinari a una specie di concorso previo al concorso vero e proprio. 2. Nella scelta delle sedi universitarie occorre tenere in considerazione anche il requisito della raggiungibilità: sembra assurdo costringere i commissari a finire in sedi lontane o difficilmente raggiungibili. Oltre al resto ciò significherebbe perdita di tempo e di soldi. 3. L'art. 6 c. 3 prevede che per entrare in commissione gli ordinari debbano essere in servizio; la normativa in vigore consente invece che entrino in commissione anche gli ordinari a riposo fino al raggiungimento del 72° anno di età. Trattandosi di persone di preparazione ed esperienza, per giunta al di fuori della mischia, non si capisce l'interesse pubblico a rinunciare a tali competenze. Oltre tutto costoro non avrebbero bisogno dell'esonero dalla didattica. La legge non prescrive nulla in merito e rientra nella facoltà del Governo modificare la norma in tal senso. 4. L'art. 8 prevede che i lavori debbano finire entro 5 mesi. Dato che almeno per le prime sessioni ci si può aspettare che il numero dei candidati sia molto elevato, non sarà il caso di prevedere qualcosa per il caso che il termine sia oggettivamente inosservabile? Facciamo un esempio: se una commissione dovesse giudicare un migliaio di concorrenti con 12 pubblicazioni ciascuno, per un totale di 12000 pubblicazioni, supponendo che la comm. lavori 5 giorni la settimana, ovvero un centinaio di giorni in tutto, come pensare che riesca a valutare 120 pubblicazioni al giorno? In tali tempi vanno la lettura, la discussione, il giudizio, la consultazione di eventuali esperti esterni e così via! 5. Merita poi qualche riflessione anche la figura degli esperti consultabili: non sarà il caso di precisare qualcosa su tali figure?
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